Faccia pari e faccia dispari.

È una caldissima domenica di luglio e sono in spiaggia con la mia famiglia. 

Seduta sulla sua sdraio, mia figlia di undici anni dondola le gambe e sbuffa. “Mi annoio… non so cosa fare…” dice. 

Così – sforzandomi di non farle presente per l’ennesima volta che a me, a undici anni, dovevano legarmici alla sdraio per evitare che mi arrostissi al sole dopo essermi fatta spuntare branchie e pinne – faccio appello a tutta la mia capacità di comprensione da mamma di figlia adolescente ai tempi del “se non sei connesso non esisti” e le dico: “ma scusa, perché non vai a chiamare Greta al suo ombrellone e non giocate un po’ insieme?”

La mia imbronciatissima discendente mi fulmina con una delle sue micidiali occhiate disapprovanti, neanche fosse Mazinga Z, e sentenzia: “Ma mamma! Greta ha la faccia dispari!”.

Ecco, lo sapevo, nonostante il mio affannoso impegno quotidiano per tenermi aggiornata su mode, linguaggio, usi e costumi dei “giovani d’oggi”, scopro di avere un imperdonabile vuoto di competenza: l’umanità, a quanto pare, si divide in facce pari e facce dispari.

Urge chiarimento.

“Allora, sentiamo, mia filosofica rampolla: che vuol dire avere la faccia dispari?”

La spiegazione che segue è piuttosto contorta perché, sembrerebbe, il concetto di pari e dispari è assolutamente astratto e la scelta di collocare una faccia nell’una o nell’altra categoria, decisamente soggettiva.

Passando al vaglio gran parte delle nostre conoscenze comuni (parenti, amici, colleghi e compagni di scuola con relativi genitori) sono riuscita finalmente a capire che, per la giovane donna che ho di fronte, una faccia dispari è spigolosa, ricorda il freddo, ha un naso prominente, gli zigomi sporgenti, gli occhi azzurri, il mento lungo. Una faccia pari, invece, ha i tratti dolci, accoglienti, un naso piccolo, magari all’insù, occhi castani, labbra carnose, viso tondo.

Però – attenzione! – “uno può anche essere tutto pari, ma se ha il mento lungo, per me è dispari!”. E certo! Mazinga Z non perdona!

Va bene. Ora è tutto un po’ più chiaro. Quello che ancora non capisco è: che ci facciamo con le facce dispari che non ci piacciono?

Le chiedo: “scusa, ma non ti è mai capitato di incontrare qualcuno con una faccia dispari che non ti piaceva e aver scoperto che invece era simpatico, bravo e gentile?”

La risposta è stata ovviamente (e per fortuna) affermativa. 

Vi risparmio il pippotto che ne è seguito e passo direttamente al risultato: Greta e mia figlia si sono divertite come matte per il resto della giornata e nei tanti giorni a seguire.

Le lenti

“Le persone con la faccia dispari sono antipatiche”. 

Questa la convinzione di mia figlia. Se l’avesse seguita ciecamente, non avrebbe conosciuto meglio Greta e non sarebbero diventate amiche. Questa convinzione stava limitando la sua apertura a fare nuove conoscenze.  

La nostra mente raramente osserva la realtà in modo neutro; piuttosto applica dei “filtri”, delle lenti attraverso le quali ognuno di noi guarda ciò che lo circonda e giudica una situazione. 

Le convinzioni – che tutti noi abbiamo – sono più che altro delle sensazioni alle quali attribuiamo certezza pur non essendo necessariamente vere. Crediamo, cioè, che siano vere quando invece sono delle generalizzazioni che formiamo e ci portiamo dietro nel tempo e che sono figlie dell’educazione che abbiamo ricevuto, del contesto in cui siamo vissuti e viviamo e delle esperienze che abbiamo avuto.

Queste “lenti” mentali rivestono un ruolo chiave nella nostra vita poiché influenzano totalmente le nostre emozioni, i nostri pensieri e i nostri comportamenti.

Il modo in cui osserviamo e giudichiamo la realtà può, di volta in volta, limitare le nostre azioni e i nostri comportamenti oppure aumentare le nostre possibilità d’azione, creando opportunità.

Le convinzioni che ci “incatenano”

Spesso le lenti attraverso le quali leggiamo e interpretiamo la realtà possono rivelarsi delle catene invisibili: ci bloccano, ci limitano e ci spingono ad agire in un determinato modo. Possono influenzare profondamente le nostre scelte e avere impatti significativi sulla nostra salute, sulle nostre relazioni, sulla nostra vita professionale e addirittura sul nostro livello di felicità e di realizzazione personale.

Questo accade perché una convinzione limitante, solitamente, ci trasmette un messaggio negativo: il pesce mi fa ribrezzo e non riuscirò mai a mangiarlo; sono troppo pigro e per questo non riuscirò mai a fare attività fisica con costanza; in questo periodo di crisi non riuscirò a trovare un nuovo lavoro; il mio capo ha un caratteraccio ed è inutile provare ad avere un dialogo con lui. 

Quante potremmo aggiungerne ancora? Un’infinità.

Proviamo a pensare in quali vincoli si traducono gli esempi di sopra e come ci limitano: mi privo del piacere di assaporare degli ottimi piatti a base di pesce; mi privo della possibilità di sentirmi in forma e in armonia con il mio fisico; mi privo dell’opportunità di mettermi in gioco e di trovare un lavoro che mi piace; mi privo della possibilità di risolvere un problema o di ottenere una cosa a cui tengo molto al lavoro. 

Insomma, le convinzioni limitanti costituiscono un vero e proprio muro fra noi e il nostro destino, ciò che veramente è importante per noi e desideriamo raggiungere nella nostra vita.

La profezia che si autoavvera.

Le convinzioni limitanti sono storie che ci raccontiamo da soli e che influenzano i nostri stati d’animo, le nostre aspettative, i nostri comportamenti e le relazioni.

Facciamo un esempio: immagina di volerti candidare per un posto di lavoro che ti piace moltissimo. Credi però di non esserne all’altezza, che quella posizione non è alla tua portata… come pensi possa andare?

Probabilmente non come vorresti e, in ogni caso, questa tua convinzione non ti farà impegnare nello stesso modo in cui ti impegneresti se fossi certo di farcela; non ti darà lo stesso livello di determinazione e di motivazione.

Mai sentito parlare della profezia che si autoavvera? È uno dei fenomeni più noti e più studiati in psicologia sociale, secondo il quale mettiamo in atto una serie di meccanismi mentali e compiamo tutte le azioni che alla fine fanno accadere davvero quello che eravamo convinti che accadesse. Succede così che la nostra teoria, infine, si realizzi semplicemente perché siamo fermamente convinti che ciò accadrà; quello che supponiamo e l’evento agiscono all’interno di un circolo in cui la nostra convinzione genera l’evento e l’evento va a confermare la fondatezza della nostra convinzione.

Il primo passo: la consapevolezza.

Riconoscere le nostre convinzioni limitanti e riuscire a modificarle è il primo passo per portare un primo importante cambiamento nella nostra vita.

La parola chiave è, ancora una volta, allenamento. 

Non possiamo arrestare il flusso dei nostri pensieri, frutto di convinzioni e credenze che si sono stratificate in noi durante tutto il corso della nostra vita, né tantomeno possiamo premere un interruttore per spegnere la nostra mente. 

Ciò che possiamo fare, invece, è esercitarci a osservare i nostri pensieri da una prospettiva diversa, provando a non identificarci con essi. 

Quando riconosci che un tuo pensiero è una convinzione che ti sta limitando, prova a farti queste domande: 

  • È sempre vero? 
  • Posso sapere che è vero con certezza? (riesco davvero a sapere cosa è meglio nel lungo periodo per me o per un’altra persona?)
  • come agisco quando seguo questa convinzione? Che succede? (Come tratto me stesso e gli altri quando seguo questa convinzione?)
  • chi sarei senza questa convinzione? (In cosa sarebbe diversa la mia vita se non avessi questa convinzione?)

Successivamente puoi ribaltare completamente la tua convinzione riformulandola nel suo esatto contrario e provando di nuovo a chiederti:

  • È vero (di più o di meno?) 
  • Come e quando questa convinzione capovolta è vera nella tua vita?

Quando hai una convinzione che ti limita o ti blocca, chiediti sempre se è vera, se lo è sempre, come ti fa sentire e cosa succede quando la assecondi. 

E poi capovolgila. 

Per ogni capovolgimento, trova tre esempi autentici di come la nuova convinzione capovolta sia vera nella tua vita. 

Ti aiuterà a scoprire alternative che possono portarti serenità.

Quando facciamo questo lavoro, ci liberiamo dagli effetti di credere ciecamente a convinzioni stressanti per noi come “Non sono abbastanza bravo”, “Non mi ama”, “Non mi capisce”, “Sono troppo grasso”, “Ho bisogno di più soldi” e “Qualcosa di terribile sta per accadere”. Possiamo trasformare il nostro stress, la nostra frustrazione e la rabbia in una libertà che non abbiamo mai immaginato potesse essere possibile.

La nostra mente è plastica e va nella direzione che noi le chiediamo di percorrere.

Allenarci con gli strumenti adatti per diventare capaci di orientare i nostri pensieri e le nostre emozioni affinché la nostra vita sia emotivamente più sana e gratificante, ci permette effettivamente di raggiungere questo stato di consapevolezza, perché la mente plastica, se allenata, si trasforma.