Chi è Melly Shum?

Nel 1990 a Rotterdam venne inaugurato il Witte de With Center for Contemporary Art.  Fra i vari lavori esposti c’era un’opera fotografica dell’artista canadese Ken Lum dal titolo Melly Shum Hates Her Job (1989), in cui è rappresentata una giovane donna un po’ spettinata seduta nel suo ufficio. Accanto a questa immagine, un testo che occupa le stesse dimensioni e che fa eco al titolo dell’opera.

L’opera venne esposta sotto forma di cartellone in una strada di Rotterdam, ben visibile a chiunque passasse da lì.

Quando il lavoro fu rimosso a causa del suo stato di deterioramento, accadde qualcosa di straordinario: il personale della Witte de With ricevette moltissime telefonate e una serie di messaggi da parte di persone che protestavano contro la scomparsa di Melly Shum e che ne chiedevano il ripristino. Alla domanda sul perché fosse importante che Melly Shum tornasse all’angolo tra Witte de Withstraat e Boomgaardstraat, in molti risposero che ogni città dovrebbe avere un monumento dedicato all’odio nei confronti del proprio lavoro.

E oggi? Melly Shum odia ancora il suo lavoro?

Ahimè, sfortunatamente sono ancora davvero tante le aziende, le scuole, le strutture pubbliche che non “vedono” e non “sentono” i tanti Melly Shum che ogni giorno varcano i loro cancelli e portoni. Persone che si recano al lavoro senza portarsi dietro ciò a cui ogni organizzazione non dovrebbe assolutamente rinunciare: coinvolgimento, positività, collaborazione, fiducia, entusiasmo, passione.

Insomma, un esercito di lavoratori infelici e demotivati (l’87% nel mondo, secondo Gallup) in organizzazioni che ancora oggi si basano su credenze ormai superate: prima il dovere poi il piacere (no pain, no gain), vince il più forte, nella vita conta cosa fai o cosa hai.

Culture aziendali in cui prevalgono modelli mentali basati su ego, separazione e competitività.

I dati parlano chiaro: la felicità rende più produttivi

 Ma siamo davvero certi che i modelli organizzativi tradizionali a cui si riferisce ancora oggi il mondo del lavoro siano gli unici possibili o, almeno, i più adeguati a gestire la complessità?

Sono tanti e ampiamente diffusi gli studi che spiegano come chi sperimenta benessere all’interno di una cultura aziendale sana, sicura e positiva, si impegna di più, non si arrende, si sente più autoefficace e acquisisce consapevolezza di come i risultati del proprio lavoro dipendano soprattutto da sé.

Questi studi ci dicono inoltre che le persone ingaggiate sono anche più innovative e flessibili.

Scontati poi i vantaggi in termini di produttività: positività e benessere incidono favorevolmente sui risultati di performance non solo a livello individuale, ma anche a livello collettivo, economico e sociale.

La più recente evidenza empirica che ha indagato la relazione positiva tra benessere e successo aziendale è stata pubblicata nel Global Happiness and Wellbeing Policy Report 2019.

Altre ricerche hanno accompagnato con ulteriori evidenze questi dati, sottolineando i vantaggi della felicità e del benessere al lavoro: + 300% di capacità di innovazione (HBR), + 44% di retention (Gallup), + 37% delle vendite (S. Achor), + 31% di produttività (S. Achor).

Facciamo una scelta!

 Per fortuna sono sempre più gli imprenditori e i manager, anche in Italia, che stanno comprendendo come una virata verso la sostenibilità d’impresa e, quindi, verso la creazione di un ambiente di lavoro sano, sostenuto da un’alta qualità della vita diffusa tra tutti i collaboratori, sia una scelta pressoché obbligata se si vogliono perseguire con più efficacia i propri obiettivi di business.

E chi di noi non vorrebbe avere il miglior datore di lavoro al mondo che sia già riuscito in questa impresa?

Ma siamo sinceri, è molto probabile che molti di noi non ce l’abbiano o, almeno, che non ce l’abbiano ancora.

Tuttavia, c’è qualcosa che ognuno di noi può fare sin da subito: una scelta. Proprio così, possiamo iniziare noi per primi a scegliere di essere felici al lavoro.

Ma come?

Per prima cosa bisogna comprendere che più riusciremo a immaginare il lavoro come un allenamento alla felicità quotidiana, più questo potrà sorprenderci restituendoci benessere e soddisfazione.

Insomma, scegliamo di essere felici prima di tutto lavorando sul nostro “saper essere”.

Sono tanti i consigli che oggi possiamo seguire:

  • Pensiamo con positività al nostro lavoro. Soffermarci sugli aspetti che ci piacciono. Le nostre scelte sul lavoro definiscono ampiamente la nostra esperienza.

 

  • Facciamo le cose che amiamo. Analizziamoci, pensiamo alle nostre capacità e ai nostri interessi e troviamo qualcosa da fare che riesca a divertirci ogni giorno. Se faremo qualcosa che amiamo ogni singolo giorno, il nostro lavoro non sembrerà più così male.

 

  • Prendiamoci carico della nostra crescita professionale e personale. Se ci pensiamo, siamo noi a guadagnarci di più.

 

  • Prendiamoci la responsabilità delle informazioni che riceviamo. Non lamentiamoci di non ricevere abbastanza informazioni e comunicazioni su ciò che accade in azienda. Cerchiamo noi le informazioni necessarie per lavorare in modo efficace. Sviluppiamo una rete di informazioni e usiamola.

 

  • Chiediamo costantemente feedback. Non diciamo “Il mio capo non mi dà alcun feedback e quindi io non so come sto andando”. La verità è che sappiamo come stiamo andando: se ci sentiamo positivi riguardo alla nostra performance, vogliamo soltanto sentircelo dire; se non lo siamo, un feedback sincero ci aiuterà a migliorare.

 

  • Prendiamoci impegni che possiamo mantenere. Valutiamo con attenzione la nostra capacità di onorare un impegno. Se il nostro carico di lavoro è eccessivo e assorbe tutta l’energia disponibile, facciamo un piano completo per richiedere aiuto e risorse al capo.

 

  • Evitiamo la negatività. Evitiamo il più possibile conversazioni negative, pettegolezzi e persone infelici. Non importa quanto ci sentiamo positivi: le persone negative hanno un profondo impatto sulla nostra psiche.

 

  • Alleniamo il coraggio. Significa assumerci il rischio di provare a modificare lo status quo, le regole “storiche”, le abitudini, i protocolli consolidati e mai messi in discussione.

 

  • Creiamo relazioni di amicizia. Il piacere dato dal coltivare l’amicizia sul posto di lavoro è uno dei principali indicatori di un’esperienza professionale positiva. Prendiamoci del tempo per conoscere i nostri colleghi. Troviamo colleghi che ci piacciono e trascorriamo con loro il nostro tempo.

E poi …. sorridiamo, offriamo il nostro aiuto, pratichiamo la gentilezza, prendiamoci delle pause, ringraziamo, celebriamo i successi, celebriamo anche gli errori, divertiamoci.

Tu saresti disposto a scegliere di seguire alcuni di questi semplici consigli per diventare più felice sul posto di lavoro? O pensi che sia meglio stare seduti a lamentarsi e non fare nulla? La risposta dovrebbe essere scontata.

Nel mio recente passato professionale io ho scelto inconsapevolmente di sedermi, aspettando e spesso pretendendo che le soluzioni arrivassero da qualcun altro. Tornassi indietro sceglierei di provarci, su questo non ho alcun dubbio.

Melly Shum Loves Her Job

 Torniamo solo per un attimo al poster di Ken Lum.  A ben guardare si tratta semplicemente della foto di un’amichevole e sorridente donna asiatica seduta a una scrivania di un ufficio. Nulla, nell’espressione di questa donna, lascia intendere ciò che invece il messaggio alla sua destra dichiara con tanta forza. “Hates:” una sola parola scritta in rosso al centro del messaggio e Melly Shum è diventata un simbolo. La verità è che ognuno di noi può essere o può essere stato Melly Shum.  È altrettanto vero, però, che ognuno di noi è autore della propria opera d’arte e perciò è l’unico deputato a scegliere il messaggio da scrivere a fianco della propria immagine di lavoratore.  Io dico che Melly Shum Loves Her Job è il monumento che ogni città dovrebbe avere per ricordare a ognuno di noi come la felicità al lavoro sia, prima di tutto, una scelta. E speriamo che Ken Lum non se la prenda…